Il 30 giugno 2003
Roberto Bolaño, gravemente malato (sarebbe vissuto solo altre due settimane),
volle consegnare personalmente al suo editore questo libro, che fu il primo ad
apparire dopo la sua morte e rappresenta una sorta di testamento spirituale e letterario.
Il lettore scoprirà cinque racconti tra i più belli dello scrittore cileno: la
storia dell'avvocato bonaerense che abbandona tutto per andare a vivere nel
deserto insieme ai gauchos, i bovari della pampa; quella del topo poliziotto
(nipote della famosa cantante Josefine del racconto di Kafka) che si aggira
nella rete sterminata delle fogne alla ricerca di un feroce assassino; quella
dello scrittore argentino che va a Parigi per incontrare un misterioso regista
che forse è il suo doppio, e si ritrova a far l'amore con una puttana «come se
tutti e due non sapessero fare altro che amarsi» – per citarne solo alcune.
Chiudono il volume due conferenze: nella prima Bolaño parla apertamente, e in
modo struggente, della malattia e dell'approssimarsi della morte; la seconda è
una definitiva resa dei conti, in forma di violento, sarcastico, a tratti
irresistibile pamphlet, tra lui e quella «specie di Club Méditerranée» che sono
gli scrittori (soprattutto sudamericani) la cui unica dote è la cosiddetta
«leggibilità» – ed è al tempo stesso una veemente dichiarazione di amore per la
letteratura.
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